La settimana che ha portato al referendum in Grecia di domenica 5 luglio, nel quale la vittoria del no ha aperto scenari ancora in gran parte da decrifrare, l’oro si è pressochè mantenuto stabile sui mercati internazionali, con oscillazioni contenute e in attesa di maggiori indicazioni sull’evoluzione gobale della situazione economico-finanziaria.
Nella settimana di trattative che, tra lunedì 22 e venerdì 26 giugno e nel weekend seguente, ha visto la Grecia confrontarsi aspramente con le autorità comunitarie, la Banca Centrale Europea ed il Fondo Monetario Internazionale, l’oro è rimasto – per così dire - “alla finestra” con oscillazioni di quotazione minime. Alla fine, il metallo prezioso ha messo a segno un frazionario aumento quantificabile in 9 centesimi di euro al grammo.
La “forza propulsiva” che ha maggiormente spinto il mercato globale dell’oro negli ultimi anni – secondo alcuni analisti, l’unica – è stata la fortissima e crescente richiesta di metallo prezioso da parte di India e Cina che, sia tramite i rispettivi governi che a motivo degli oltre 2,6 miliardi di individui che le popolano, tra il 2008 e la fine del 2014 hanno assorbito circa 15 mila tonnellate d’oro, poco meno della produzione totale del settore estrattivo nello stesso periodo.
Il 12 giugno scorso il governatore del Texas, il repubblicano Greg Abbott, ha firmato una legge che istituisce un deposito di metallo prezioso a livello statale, che sarà gestito in modo del tutto indipendente dalle riserve auree federali degli Stati Uniti d’America.
Il settore estrattivo legato all’oro, si sa, in Europa non realizza certo i risultati di aree tradizionalmente ricchissime di risorse naturali come l’Africa centrale e meridionale, l’Asia e l’Oceania; tuttavia, anche dal sottosuolo della verde Irlanda sta emergendo qualche interessante sorpresa in termini di metallo prezioso.