Non è raro che, nel settore minerario - non soltanto quello dei metalli preziosi - alcuni siti estrattivi abbandonati da anni se non da decenni vengano riattivati, grazie a nuove e più efficienti tecnologie di sfruttamento, tornando così a nuova vita.
Segnali diffusi di deflazione, tassi praticati dalle banche centrali con segno negativo, debito globale a livelli mai visti prima e in continua crescita: questi alcuni degli elementi marco economici e finanziari dalla cui analisi parte Chris Vermeulen per sviluppare un articolo apparso nel portale “GoldEagle” lunedì 28 marzo (leggi qui il testo completo).
Settimana breve, quella che ha preceduto le festività pasquali, con i mercati internazionali chiusi vederdì 25 e, perciò, con sole quattro sedute utili che hanno visto il fixing del metallo prezioso in altalena fino ad attestarsi a quota 1.094,28 euro per oncia, pari a 35,18 euro al grammo.
Nonostante le normative, sempre più vincolanti, che il governo indiano ha varato nel tentativo di limitare le importazioni di metalli preziosi dall’estero, nel 2015 hanno varcato i confini del paese - per finire tesaurizzate da milioni di famiglie, sotto forma di gioielli e lingotti - la bellezza di 947 tonnellate d’oro.
Qualche mese fa, il mercato mondiale dell’oro e gli analisti del settore erano stati messi in allarme da una presunta “chiusura”, da parte dello Shanghai Gold Exchange, in merito alla pubblicazione dei dati relativi ai volumi di metallo prezioso scambiati sulla piazza cinese, la più importante del continente asiatico e, quindi, una delle principali al mondo.