Gli appena 36 centesimi di euro limati dalla quotazione sul grammo di metallo prezioso nel periodo da lunedì 14 a venerdì 18 marzo rispecchiano una settimana all’insegna di una sostanziale stabilità.
Dopo una fase di euforia, la vivacità legata alla richiesta d’oro sui mercati internazionali ha lasciato spazio, nelle ultime due settimane, ad un andamento meno dinamico e più attendista: del resto, il metallo prezioso ha messo a segno, solo da inizio 2016, un risultato notevole: +11,04%.
Venerdì 4 marzo, al termine dell’ennesima settimana di contrattazioni in territorio positivo (una fase iniziata attorno alla metà di dicembre dello scorso anno) il fixing dell’oro a fine seduta è salito fino a quota 1.157,35 euro per oncia, un livello mai più toccato dalla metà di aprile del 2013.
Con un comunicato stampa ufficiale, il team di gestione della De Nedelansche Bank, la banca centrale dei Paesi Bassi, ha fato sapere di aver avviato un’indagine sulle riserve valutarie e d’oro che sono conservate nei sotterranei della sede di Frederiksplein, ad Amsterdam. Ciò, in vista della necessità di rilocare in altre sedi le riserve stesse e ristrutturare interamente l’edificio, che risale al 1968 e necessita di adeguamenti strutturali ed impiantistici.
La situazione economica del Venezuela, ormai da tempo, è molto difficile e il paese sudamericano sta progressivamente vendendo le proprie riserve auree per far fronte alle necessità di cassa dello Stato e al pagamento degli interessi sul debito. Lo confermano, ad esempio, le 35,8 tonnellate di metallo prezioso che Caracas ha esportato verso la Svizzera nel solo mese di gennaio, un quantitativo molto elevato e che può provenire solo dalle scorte strategiche nazionali.
Le esportazioni d'oro dell’Australia, il secondo più grande produttore al mondo, hanno raggiunto nel 2015 il livello più elevato da dodici anni a questa parte. Quello che è il secondo paese produttore al mondo di metallo prezioso, infatti, ha estratto e raffinato lo scorso anno circa 285 tonnellate d’oro, due in più rispetto al 2014. I produttori australiani, inoltre, sono stati avvantaggiati anche dalla debolezza della valuta e dalle basse tariffe dell’energia che hanno aiutato a contenere i costi e a rafforzare i margini di guadagno.