Correva l’anno 1967 quando Lelio Luttazzi, dai microfoni della RAI, inaugurava uno dei programmi di maggior successo della radiofonia italiana, dedicato ogni settimana alle dieci canzoni più ascoltate in Italia. Anche nel settore dell’oro esiste una classifica simile, stilata a livello mondiale e che elenca le dieci miniere più grandi e importanti del pianeta.
Settimana a due facce, quella vissuta dall’oro nell’ultimo scorcio del mese di ottobre; ad un avvio di contrattazioni stabile e ad un picco a quota 34,25 euro toccato mercoledì 28, infatti, hanno fatto seguito due sedute in flessione che hanno quasi azzerato i guadagni dell’ultimo mese limando complessivamente 74 centesimi di euro dal prezzo del grammo di metallo prezioso.
Le dichiarazioni di Mario Draghi del 22 ottobre scorso in merito al costo del denaro nell’Eurozona - che la BCE ha lasciato invariato al minimo storico dello 0,05% - e all’intenzione di proseguire il Quatitative Easing di 60 miliardi di euro al mese almeno fino al prossimo settembre hanno spinto in basso l’euro rispetto al dollaro favorendo un aumento del prezzo dell’oro espresso nella valuta comunitaria. Il tutto, dopo un inizio di settimana all’insegna della stabilità.
Il primo grafico che illustra questo articolo è estrapolato dalla sezione “Grafico” del sito di Bolaffi Metalli Preziosi (clicca qui) e riporta l’andamento del fixing dell’oncia d’oro nel periodo da gennaio a settembre del 2015, espresso in dollari dalla linea azzurra e in euro dalla linea nera.
La Bundesbank, la Banca centrale tedesca, ha reso pubblico recentemente un inventario aggiornato delle proprie riserve auree, allo scopo di sedare le crescenti preoccupazioni dell’opinione pubblica sull’effettiva quantità di metallo prezioso effettivamente in possesso dell’istituto e, in particolare, sulla posizione delle riserve stoccate in depositi a Francoforte, Londra, Parigi e presso la Federal Reserve di New York.