Keith Weiner, in un breve ma interessante articolo, torna ad occuparsi per conto del portale specializzato “GoldEagle”, della “vexata quaestio” che vede contrapporsi l’investimento in oro fisico a quello in “oro di carta” ossia futures, opzioni, ETF e strumenti del genere basati sul metallo prezioso.
Dopo le marcate turbolenze dei mercati azionari e la svalutazione dello yuan renmimbi, da alcune settimane la richiesta d’oro da parte della Cina sta vivendo un vero e proprio exploit che, secondo molti, potrebbe portare da qui a fine anno ad eguagliare o superare il record fatto registrare nel 2013 nonostante i primi sei mesi di quest’anno, per il mercato del metallo prezioso cinese, siano stati al di sotto delle aspettative.
Correva l’anno 1967 quando Lelio Luttazzi, dai microfoni della RAI, inaugurava uno dei programmi di maggior successo della radiofonia italiana, dedicato ogni settimana alle dieci canzoni più ascoltate in Italia. Anche nel settore dell’oro esiste una classifica simile, stilata a livello mondiale e che elenca le dieci miniere più grandi e importanti del pianeta.
Settimana a due facce, quella vissuta dall’oro nell’ultimo scorcio del mese di ottobre; ad un avvio di contrattazioni stabile e ad un picco a quota 34,25 euro toccato mercoledì 28, infatti, hanno fatto seguito due sedute in flessione che hanno quasi azzerato i guadagni dell’ultimo mese limando complessivamente 74 centesimi di euro dal prezzo del grammo di metallo prezioso.
Le dichiarazioni di Mario Draghi del 22 ottobre scorso in merito al costo del denaro nell’Eurozona - che la BCE ha lasciato invariato al minimo storico dello 0,05% - e all’intenzione di proseguire il Quatitative Easing di 60 miliardi di euro al mese almeno fino al prossimo settembre hanno spinto in basso l’euro rispetto al dollaro favorendo un aumento del prezzo dell’oro espresso nella valuta comunitaria. Il tutto, dopo un inizio di settimana all’insegna della stabilità.